In un libretto recentemente rinvenuto, pubblicato a Verona nel 1589, il Valerini - attore e comico al servizio di Vincenzo Gonzaga - immagina e descrive una ideale galleria, espressione di una dimensione museografica inusuale per l'epoca.
Ad ornare la "Celeste Galeria di Minerva", dea che presiede all'intelletto, non vi sono però opere di artisti famosi, bensì i più importanti collezionisti dell'epoca, trasformati in statue. Tra questi non poteva mancare Vincenzo Gonzaga, immaginato dal Valerini addirittura come un colosso che adombra il museo. Una provocazione celebrativa, per ricordare l'amore di Vincenzo e della sua famiglia per l'arte, la sua passione collezionistica, il suo mecenatismo; certamente una metafora suggestiva: il Duca di Mantova che costituisce il suo museo e ne diventa egli stesso parte.
Cinque anni di studi e di ricerche, di ricostruzioni e d'indagini sono stati necessari per ridisegnare la mitica collezione dei Gonzaga; una sessantina di studiosi italiani ed europei coinvolti in una vera e propria avventura scientifica ed intellettuale, che ha portato ad identificare e a seguire le tracce di molte delle opere della strabiliante raccolta dei Duchi di Mantova; tre comitati scientifici plenari, numerosi incontri di comitati ristretti, una ricerca d'archivio capillare svolta da sette ricercatori, che hanno letto e schedato in questi anni più di 10.000 lettere in arrivo o in partenza da Mantova; e ancora innumerevoli viaggi e ricognizioni in musei e collezioni private di ogni dove, con vere e proprie "scoperte" sui destini e le avventure delle "tessere" di questo enorme "mosaico" oggi disperso in tutto il globo; restauri eccellenti, accordi internazionali con collezioni prestigiose e la costituzione di un pool di promotori e sponsor di prim'ordine: Comune di Mantova e Centro Internazionale d'Arte e Cultura di Palazzo Te, Ministero per i Beni e le Attività Culturali attraverso la Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico e Demoetnoantropologico di Brescia, Cremona e Mantova, Regione Lombardia, Provincia di Mantova, Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Mantova, Fondazione Monte dei Paschi di Siena e Banca Monte dei Paschi di Siena, Fondazione Banca Agricola Mantovana e Banca Agricola Mantovana ed Eni.
Tutto ciò per rendere possibile l'evento "Gonzaga", l'eccezionale mostra, curata ed ideata da Andrea Emiliani e da Raffaella Morselli (cui si deve anche il coordinamento del gruppo di ricerca scientifica e di catalogazione e la cura dei cataloghi) che si è tenuto a Mantova dal 2 settembre all'8 dicembre 2002 nella sede prestigiosa di Palazzo Te e nelle storiche sale di Palazzo Ducale, ove è stata allestita una specifica sezione dedicata ai disegni sull'architettura e sulle decorazioni della grandiosa dimora.
Dopo quasi quattrocento anni sono tornati dunque nella città dei Duchi, nuovamente riuniti (spesso per la prima volta in Italia) oltre 90 dipinti - con alcuni capolavori assoluti nella storia dell'arte come il Ritratto di giovane donna allo specchio di Tiziano, la Toilette di Venere di Guido Reni e il L'Assembla degli Dei di Pietro Paolo Rubens - e quasi duecento tra gioielli, cristalli di rocca, armi, bronzetti e rari codici musicali: una selezione emblematica d esemplare della raccolta dei Gonzaga nel momento del suo massimo splendore, così com appare "fotografata" nell'elenco dei beni di Ferdinando Gonzaga del 1626-1627, pubblicato e analizzato nell'ambito degli studi preliminari all'evento espositivo, ''stele di rosetta'' - l'hanno definito i curatori - per la" decifrazione" della collezione.
Complessivamente 90 prestatori di tutto il mondo, dall'America all'Australia, comprese le Royal Collection di Sua Maestà Elisabetta II - che e per l'occasione prestano addirittura 9 importanti dipinti-e un insieme di opere che raggiungono un valore assicurativo di 240 milioni di euro.
Capace di competere con le più ricche collezioni d'Europa, in grado di vantare capolavori invidiati e bramati tanto da Rodolfo II come da Carlo I Stewart, la collezione dei Gonzaga è stata il frutto di una passione e di una politica collezionistica e mecenatistica portata avanti con tenacia lungo tre secoli, da tutti i componenti di casa Gonzaga, a partire da Isabella d'Este e via via fino a Ferdinando Gonzaga, suo pronipote. Una sorte di "sindrome ossessiva" per collezionare il meglio aveva aggredito i membri di questa stirpe.
Un amore, talvolta maniacale, per il bello e per l'arte, accompagnato da una precisa strategia d'esaltazione dell'immagine del ducato e dalla consapevolezza di poter dialogare con le maggiori corti del mondo, proprio grazie alla preziosità delle loro raccolte.
Il risultato di tutto ciò, all'apice della collezione nella seconda metà del Seicento, era da capogiro: 2OOO dipinti con nomi roboanti e circa 2O.OOO oggetti preziosi stipati od esposti in bella mostra a Palazzo Ducale: gioielli, cristalli, codici, naturalia, rarità d'ogni tipo, sculture antiche e moderne, disegni e quant'altro, che facevano delle collezioni ducali di Mantova il luogo più ricercato e ammirato in Europa.
Crocevia e punto di riferimento d'artisti di fama come Giulio Romano, Andrea Mantegna, Rubens e Fetti, Giovanni Baglione e Guido Reni, Guercino e Van Dyck, alla corte di Mantova s'incontravano i migliori orologiai, intagliatori, orefici e armaioli dell'epoca, gli artigiani delle più famose botteghe, i musicisti più amati e ricercati, e ancora architetti e decoratori e poi mercanti d'arte, emissari delle altre corti europee, ospiti illustri.
Poi venne la decadenza, per un ducato senza più eredi maschi, ripiegato su se stesso e che si apprestava ad affrontare guerre e carestie.
Nel 1625 iniziarono le bramosie dei collezionisti inglesi; nel 1626 spirò il duca Ferdinando, ultimo grande mecenate e collezionista della dinastia; nel 1628 Carlo I Stuart acquistò una parte della raccolta - dalla quale mai, prima d'allora, i Gonzaga si erano voluti separare - e infine i lanzichenecchi, due anni più tardi, saccheggiarono la città.
Il patrimonio dei Gonzaga venne disperso definitivamente.
Ora La mostra "GONZAGA. LA CELESTE GALERIA. Il Museo dei Duchi di Mantova" ci ha riportato alle suggestioni del Valerini, dando nuovamente voce al gusto, alle fatiche e alle scelte collezionistiche dei Gonzaga, ai loro sogni e alle loro passioni, cercando di capire "i perché" e "i per come" celati dietro ciascuna delle opere della mitica collezione.
A condurci in questo mondo affascinante è stato Ferdinando, il VI Duca, l'ultimo grande collezionista della famiglia, colui che più di altri rese celebre il patrimonio straordinario raccolto dai Gonzaga grazie al suo stringente desiderio di organizzare le collezioni in un complesso logico e percorribile, che lo porterà a fare di Palazzo Ducale un vero e proprio museo ante litteram.
A Palazzo Te, in un sinuoso e nuovissimo allestimento firmato da FABRICA, centro di ricerca sulla comunicazione del Gruppo Benetton - che ha curato anche l'immagine grafica e, in collaborazione con Villaggio Globale International, la comunicazione della mostra - è stata infatti riproposta, attraverso il rinnovato dialogo tra le opere rintracciate, la topografia dei luoghi del "Museo" dei Gonzaga, quale sembra risultare dall'inventario del 1626-27.
Si tornerà così a percorrere il "Logion Serata", "il Corridoio di Santa Barbara" o la "Galleria della Mostra" - luoghi "pubblici" come li aveva voluti e pensati Ferdinando - e si sono potuti ammirare alcuni dei capolavori che lì erano esposti, come l'Educazione d'amore del Correggio, La nascita di Bacco di Giulio Romano prestato dal Getty Museum di Malibu, Le nozze di contadini di Bruegel il Giovane, esempio della passione mantovana per l'arte fiamminga, e ancora Sant'Agnese e Rinaldo e Armida del Domenichino, Erminia tra i pastori di Guercino, e il Ritratto di Vincenzo Gonzaga, realizzato da Frans Pourbus, e scelto come immagine della mostra, ora in collezione privata ma un tempo collocato al centro della Galleria.
Si è potuti essere ammessi anche nella "Camera del Tesoro" e nell' "Appartamento Nuovo fatto dal Signor Duca", ambienti considerati "privatissimi", dove i visitatori potranno riconoscerr assolute preziosità, ripensando ai tempi in cui, alla corte dei Gonzaga, a pochi eletti veniva concesso tale privilegio.
Un vento imponente, dove veri protagonisti sono le opere esposte - ciascuna con una storia da raccontare - e i "fantasmi" dei Gonzaga, che quelle opere avevano fortissimamente voluto.
Tornano dunque dipinti importanti come il David con la testa di Golia del Mantegna, dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, mai esposto prima d'ora in Italia: uno dei quattro monocromi elencati nella Libreria di Ferdinando e forse in origine destinati agli appartamenti d'Isabella d'Este. Da Hampton Court giunsero, tra gli altri, La Sacra Famiglia di Dosso Dossi e l 'affascinante Ritratto di Erasmo di Quentin Metsys, quest'utlimo verosimilmente acquistato per i Gonzaga in Inghilterra e ricondotto oltre la Manica dopo la vendita della collezione mantovana, scelto con cura per il re dal mercante Daniel Nys. Tra le assolute novità il Ritratto di Ferdinando Gonzaga, in giovane età, realizzato da Rubens e "scovato" in una collezione privata australiana.
Di grande importanza e carichi di storia e d' aneddoti anche i codici esposti, le armi, i bronzetti, i gioielli, i cristalli e i cammei: in alcuni casi riconducibili alle più note botteghe che operarono per i Gonzaga - Fontana, Saracchi, della Scala, Coiro, ecc. - in altri casi certamente appartenuti ai Duchi di Mantova. Basti pensare all'eccezionalità d'aver riunito, provenienti da Baltimora, da New York e da Vienna, le uniche 5 lastrine in cristallo sagomato, attualmente rinvenute, del famosissimo cofanetto con le fatiche di Ercole, realizzato da Annibale Fontana, che tanto fu decantato nei racconti dei contemporanei.
Sempre da New York, dal Metropolitan Museum, è ritornata a Mantova una splendida coppa di cristallo di rocca incisa con la luna crescente e con le lettere SIC, testimonianza della sicura appartenenza dell'oggetto a Vincenzo Gonzaga, così come è stato identificato anche il preziosissimo cammeo tolemaico proveniente da Vienna (dal valore assicurativo di 50 milioni di euro) o la medaglia appartenuta ad Isabella d'Este.
Per le armi da segnalare, tra borgognotte e falcioni, la Rotella da pompa o da carosello con 'Orazio Coclite' uno dei più begli esemplari giunti fino a noi, attribuito per la decorazione pittorica, a Benvenuto Tisi detto il Garofalo, che operò presso la bottega di Raffaello.
Altro momento significativo dell'esposizione, accanto alla "ricostruzione" della collezione dei Duchi, è dato infine dalle sezioni che trovano ambientazione presso Palazzo Ducale ovvero quella che per quattro secoli fu la reggia dei Gonzaga: una rivisitazione di ciò che il Palazzo (ora parzialmente trasformato nella struttura architettonica rispetto al momento più aureo della storia del collezionismo di famiglia) significò nella vita e nelle rappresentazioni della corte di Mantova.
La promozione politico-culturale sviluppata con caparbietà e lungimiranza dai Duchi si rifletteva sulla magnificenza del Palazzo, luogo delle meraviglie non solo per la ricchezza dei tesori raccolti ma anche per la sua stessa architettura, per le decorazioni e l'imponenza delle sue sale. Scriverà il barone di Montesquieu in visita a Mantova nel 1729: "sono stato a Palazzo Ducale, dove abita il governatore: una città", Ed in effetti non ci fu Duca. tra il XVI e XVII secolo - a partire da Guglielmo Gonzaga - che non abbia voluto lasciare il proprio segno sul palazzo, ingaggiando architetti di fama e decoratori affermati, contribuendone ali' arricchimento e all'abbellimento e variando in continuazione spazi e funzioni. I disegni esposti in quest'occasione-da quelli dell'architetto mantovano Giovanni Battista Bertani, "prefetto delle fabbriche" nella seconda metà del Cinquecento, ai disegni architettonici di Bernardino Faggiotto, ingegnere ed architetto di Ca al Monferrato, approdato a Mantova nel 1580 - hanno dato conto di questo lungo operare.
Ad accompagnare una mostra imperdibile, organizzata dal Comitato di Gestione istituito dal Comune di Mantova, in collaborazione con il Centro Internazionale d'Arte e Cultura di Palazzo Te e Villaggio Globale International, vi sono infine due cataloghi editi da Skira - un catalogo mostra ed un catalogo saggi - un libro sulla cucina dei Gonzaga, con la ristampa - del testo di Bartolomeo Stefani, la pubblicazione di un CD con musiche indite di Monteverdi, scritte appositamente per i duchi di Mantova ed uno ricchissimo merchandising che spazia dalla cravatte ai foulards fino al profumo d'Isabella d'Este. Le ricerche che hanno costituito l'ossatura della mostra si trovano infine pubblicate nella collana "Le collezioni Gonzaga", Repertori, Corrispondenza e Inventari, edita da Silvana Editoriale.