STUDI E RICERCHE

In un libretto recentemente rinvenuto, pubblicato a Verona nel 1589, il Valerini - attore e comico al servizio di Vincenzo Gonzaga - immagina e descrive una ideale galleria, espressione di una dimensione museografica inusuale per l'epoca.
Ad ornare la "Celeste Galeria di Minerva", dea che presiede all'intelletto, non vi sono però opere di artisti famosi, bensì i più importanti collezionisti dell'epoca. trasformati in statue. Tra questi non poteva mancare Vincenzo Gonzaga. immaginato dal Valerini addirittura come un colosso che adombra il museo. Una provocazione celebrativa, per ricordare l'amore di Vincenzo e della sua famiglia per l'arte, la sua passione collezionistica, il suo mecenatismo; certamente una metafora suggestiva: il Duca di Mantova che costituisce il suo museo e ne diventa egli stesso parte.

Cinque anni di studi e di ricerche, di ricostruzioni e d'indagini sono stati necessari per ridisegnare la mitica collezione dei Gonzaga; una sessantina di studiosi italiani ed europei coinvolti in una vera e propria avventura scientifica ed intellettuale, che ha portato ad identificare e a seguire le tracce di molte delle opere della strabiliante raccolta dei Duchi di Mantova; tre comitati scientifici plenari, numerosi incontri di comitati ristretti, una ricerca d'archivio capillare svolta da sette ricercatori, che hanno letto e schedato in questi anni più di 10.000 lettere in arrivo o in partenza da Mantova; e ancora innumerevoli viaggi e ricognizioni in musei e collezioni private di ogni dove, con vere e proprie "scoperte" sui destini e le avventure delle "tessere" di questo enorme "mosaico" oggi disperso in tutto il globo.

Nell'ambito dell'attività di ricerca preliminare alla mostra, è stato condotto un capillare lavoro di spoglio sui documenti dell'Archivio Gonzaga. conservati presso l'Archivio di Stato di Mantova, allo scopo di integrare le informazioni già a disposizione sulle acquisizioni d'arte da parte dei Duchi nel periodo compreso tra il 1563 e il 1630. In base ai dati raccolti è emerso un quadro estremamente ricco del mercato dell'arte con cui ebbero a confrontarsi i Gonzaga: all'ampia casistica delle contrattazioni, alle non sempre chiare modalità di pagamento e al fluttuare a prima vista ingiustificato dei prezzi, si aggiungono le variabili costituite dal grado sociale del venditore e del compratore, dalla fama dell'artista e dallo stato di conservazione dell'opera, tanto per citare i fattori più ricorrenti nei documenti.
Il ciclopico vaglio documentario ha dunque permesso di stabilire linee e tendenze, centri di mercato e di commercio, ruoli di famiglia e gerarchie di ambasciatori e residenti, arrivi e partenze di artisti e tanto altro ancora; soprattutto, l'emerso già basta per definire una mappa chiara e comprensibile del mercato e degli scambi artistici tra i Gonzaga di Mantova e il resto del mondo.

PROGETTO "Collezionismo gonzaghesco 1563-1630"

Il progetto "Collezionismo gonzaghesco 1563-1630", partito nel 1998 e diretto da Raffaella Morselli con il coordinamento archivistico di Daniela Ferrari, rivolge la sua attenzione alla schedatura informatica e alla pubblicazione di documenti, fonti e saggi sulla stagione collezionistica che ha visto come protagonisti Guglielmo Gonzaga, Francesco, Vincenzo, Ferdinando e Vincenzo II, rispettivamente III, IV, V, VI, VII e ultimo Duca di Mantova, al passaggio dal XVI al XVII secolo.

Per seguire le fasi di accumulazione e suddivisione degli oggetti gonzagheschi, nonché i luoghi in cui vennero acquistati oggetti e quadri, e per identificare gli intermediari che crearono con loro una rete fittissima di rapporti di mercato dell'arte, è parso inevitabile, sulla traccia delle ricerche di Alessandro Luzio e prima ancora di Antonino Bertolotti, ripartire dal vaglio documentario conservato presso l'Archivio di Stato di Mantova, contenitore perfetto dell'Archivio Gonzaga.

Un gruppo di sette ricercatori impiegati presso l'Archivio di Stato di Mantova, sta vagliando la corrispondenza gonzaghesca che arrivò e partì da Mantova entro questa delimitazione cronologica, includendo lettere originali e copialettere, corrispondenza d'ambasciatori e altri corrispondenti secondo la suddivisione topografica suggerita dalla sistemazione dell'Archivio stesso, che abbia anche un remoto riferimento alla storia del collezionismo, inteso in senso largo per poter applicare, nella selezione delle notizie, un filtro ampio e non penalizzante. In pratica si è creata una banca dati dei diecimila documenti che segnala tutte le lettere che hanno un riferimento ad un oggetto o ad una serie di oggetti (nel caso siano collegati l'un all'altro) degni di una collocazione all'interno della storia del collezionismo gonzaghesco, includendo non solo prodotti artistici, ma per estensione tutto ciò che può interessare una storia materiale e di mercato, al passaggio tra due secoli capitali per la storia stessa del collezionismo. Contemporaneamente lo stesso lavoro di schedatura informatizzata è stata applicata ai tre inventari Gonzaga del 1540-1542; 1626-1627; 1665.

IL MUSEO DEI GONZAGA:
LA DISPOSIZIONE DEGLI AMBIENTI A PALAZZO DUCALE, NELL'INVENTARIO DEL 1626-1627

L'inventario del 1626-1627, fatto redigere da Vincenzo II subito dopo la morte di Ferdinando Gonzaga (20 ottobre 1626), è un documento fondamentale per la conoscenza della collezione dei Duchi di Mantova, poiché fotografa ed immortala la collezione e i luoghi che la contenevano, nel momento di maggior splendore: un attimo prima dello sconvolgente passaggio ereditario, della vendita parziale dei tesori a Carlo I d'Inghilterra e dell'assalto dei Lanzichenecchi.
Il lavoro di catalogazione delle collezioni alla morte di Ferdinando Gonzaga vede impiegati diversi periti per quasi cinque mesi (che operavano anche simultaneamente sulle medesime categorie di oggetti; per esempio in nove giorni vengono catalogati 1356 quadri, disegni e stampe) e poi sembra arrestarsi: una cesura probabilmente forzata dagli eventi, che fa perdere parti fondamentali della raccolta come la biblioteca famosissima, il Museo scientifico, le cosiddette catacombe cioé il sancta sanctorum di Ferdinando, gli strumenti musicali, i cammei e le gemme, le medaglie, le armi e le armature da parata.
Non siamo di fronte a quell'elenco generale e legale dei beni della collezione, che Ferdinando avrebbe voluto, ma ad un inventario dei beni più preziosi e significativi delle raccolte, che non include né i beni immobili né le scritture, e che ignora intere parti della collezione e tutti gli arredi del palazzo.
Eppure, studiato a lungo e " decifrato" da Raffaella Morselli e dall'equipe di studiosi che l'hanno affiancata, l'inventario -"stele di Rosetta" della mitica collezione Gonzaga -risulta essere, per quanto lacunoso, una fonte straordinaria di notizie, con una duplice lettura: verticale (per stanze) e orizzontale (per tecniche e materiali). Soprattutto aiuta ad entrare nella logica espositiva e catalogatoria usata da Ferdinando, che aveva voluto mettere ordine all'immane patrimonio di famiglia, creando spazi logici per la visione delle opere e ponendo queste ultime in connessione le une con le altre secondo un sofisticatissimo schema intellettuale.

Pubblicazioni

Contemporaneamente alla ricerca è stata varata una collana di studi intitolata Le collezioni Gonzaga. a cura di Raffaella Morselli, che prevede, prima dell mostra, la pubblìcazioni di dodici volumi sull'argomento predetto, divisi in Repertori, Atlanti, Inventari.